mercoledì 9 novembre 2016

The land of the free

Fonte: The New York Times

Dopo la prima inattesa fiammella di speranza nel Regno Unito, oggi si è accesa quella assai più grande e imprevista degli Stati Uniti, che eleggendo Donald Trump hanno dato molto più che una spallata al coacervo di interessi e relazioni private alimentate da beni pubblici che per assonanza storica chiamo Ancien Régime 2.0.

Questa oligarchia transnazionale, transideologica, transpartitica che stava e sta ancora lavorando al più gigantesco progetto di ingegneria sociale della storia sta assistendo, un pezzo dopo l'altro, alla crisi di rigetto delle nazioni rispetto agli innesti artificiali che vi sta inserendo. Se credeva possibile estorcere ai popoli i propri diritti fondamentali tramite il ricatto dell'inevitabilità e la sostituzione con diritti del tutto teorici, deve prendere atto che i popoli sono un osso più duro del previsto da masticare, e non esitano a correre rischi presentati come enormi (il fear project ostile alla Brexit, la demonizzazione scientifica contro Trump) se attraverso questi rischi scorgono la possibilità di affermare la propria volontà.

Non so, nessuno sa, cosa aspettarsi realmente dal nuovo Presidente degli Stati Uniti; molto probabilmente parte della forza rivoluzionaria mostrata in campagna elettorale verrà smorzata dal ruolo istituzionale e dalla macchina burocratica di Washington, ma il fatto stesso che sia il magnate di New York e non la "Predestinata" a risiedere per i prossimi quattro anni nello studio ovale pone un enorme freno oggettivo alla deriva turboliberista in cui si stava avvitando gran parte del pianeta.

E ricadute positive potrebbero venire anche dalla politica estera di Trump, che probabilmente disinnescherà la pericolosissima escalation di ostilità verso la Russia che aveva caratterizzato negli ultimi anni la politica estera di Obama, con qualche possibilità di avviare finalmente sul serio la pacificazione almeno del teatro di guerra siriano.

C'è da sperare anche che le posizioni meno interventiste all'estero di Trump tolgano ogni residua copertura all'agonizzante Unione Europea, accelerando il processo di sfaldamento già in atto.

Un ultimo pensiero va agli incorregibili opinionisti che già dipingono questo evento a tinte fosche, tirando in ballo la solita immagine della nazione che alza muri e distrugge ponti: piantatela! Siete così rapiti dalle vostre fantasie tardo-sessantottine da non rendervi conto che un popolo impoverito, umiliato, costretto a sopravvivere tramite debiti, Walmart economy o voucher vari - necessari a perpetrare la vostra sbornia globalista - è già rinchiuso tra mura infinitamente più spesse di quanto un confine potrà mai essere, ed ha tutto il diritto di reagire democraticamente per affermare il più basilare dei principi: uno Stato esiste allo scopo di provvedere al benessere dei suoi cittadini.

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