mercoledì 7 dicembre 2016

Referendum: la straripante vittoria del NO e la terza breccia nel muro globalista

Fonte: Repubblica.it

Che il No alla riforma avrebbe vinto era auspicabile, in qualche misura anche prevedibile. Che avrebbe stravinto quasi ovunque, da Aosta a Trieste a Lecce Ragusa e Oristano, era al contrario tutt'altro che scontato. E invece la notte del 4 Dicembre ci ha consegnato un'Italia compatta nel rigettare lo stravolgimento costituzionale. Un'Italia che ha affollato le urne come non si vedeva da moltissimo tempo, soprattutto dato che in questa votazione non c'era quorum, per urlare con chiarezza inaudita il proprio dissenso. Ora, al di là della soddisfazione e del sospiro di sollievo per lo scampato pericolo, vale la pena tentare una riflessione sui contenuti di questo 60%.

In molti si sono affrettati, e lo faranno ancora, a spiegarci che la vittoria del No non è una vittoria contro l'Ue, né contro l'€uro, perchè parecchi di coloro che hanno bocciato la riforma sono tuttora favorevoli all'Unione ed alla moneta unica. Semmai - ci si dice - è un voto "di pancia" contro Renzi, contro la parabola sbruffona e caricaturale che il suo governo aveva preso nell'ultimo anno, contro i risultati scarsissimi quando non nulli delle sue roboanti riforme. In parte costoro hanno ragione.

Di certo la maggioranza dei votanti (sia per il No che per il Sì) non si è espressa sul merito del referendum. Pochi avevano un'idea chiara della riforma, pochissimi l'avevano letta e approfondita. Per tutti gli altri, il voto è diventato molto rapidamente una magnifica occasione per farsi sentire. Uno schiaffo in faccia al timoniere per avvisarlo che la rotta è sbagliata.

Quello del 4 dicembre è il voto dei giovani disoccupati o precari, delle partite Iva alla fame, degli esodati, dei voucher, dei lavoratori di aziende svendute a gruppi esteri e poi puntualmente delocalizzate, di famiglie costrette a vivere sulle spalle di genitori e parenti, "privilegiati" per avere ancora una pensione decente. E' il voto di piccoli artigiani e imprenditori costretti a chiudere a causa di leggi fatte apposta per sbatterli fuori dal mercato, di malati che si vedono rifiutare dallo Stato i contributi per i medicinali, che vedono l'ospedale del loro paese chiudere - razionalizzarsi, direbbe qualcuno - e sono costretti a fare decine di chilometri per trovare un letto. E' il voto di genitori che devono portare in dote alle scuole dei figli carta igienica, sapone e gessetti. E' il voto dei risparmiatori indotti a dare fiducia a piccole banche del loro territorio e poi vilmente traditi e derubati, di studenti sotto il cui naso il diritto allo Studio viene trasformato in banale avviamento a lavori sempre più instabili e meno gratificanti, con all'orizzonte l'unica umiliante alternativa di abbandonare la propria terra, i propri cari, il proprio mondo per cercare fortuna in terra straniera.

Può essere questa tutta colpa di Renzi? decisamente no. La vera colpa di Renzi è quella di essersi prestato a fare da volto a politiche pensate e volute altrove, scommettendo di poter soddisfare i desideri dell'Ancien Régime 2.0 che lo aveva scelto e sostenuto mantenendo contemporaneamente anche il consenso popolare.

Ciò non è possibile. Ormai si sprecano in Europa e oltre i casi di leader arrivati al governo per applicare il protocollo iperliberista - le famose "riforme strutturali" - e crollati rapidissimamente sotto i colpi dell'impopolarità. E' accaduto più volte in Spagna e in Italia, sta accadendo in Francia, in Gran Bretagna con la Brexit, perfino negli Stati Uniti per non parlare della Grecia. Il risultato del referendum di domenica fa parte della stessa onda che sta scuotendo tutta la parte di mondo detta Occidente. Non si tratta di paure, ignoranza o refrattarietà al cambiamento: è la sacrosanta, democratica rivolta delle classi sociali subalterne contro l'aggressione alla loro dignità, sicurezza e benessere. Con la Brexit, la stroncatura di Hillary Clinton e il No italiano ceto medio e popolare hanno aperto tre brecce nel muro globalista che li opprime, tre segnali di risveglio non ancora consapevole, forse, ma già abbastanza deciso da poter ignorare il fuoco di sbarramento mediatico messo regolarmente in campo dal Régime (i vari project fear attivati in tutte e tre le occasioni).

Da una situazione del genere, a giudicare dai precedenti storici che più vi si avvicinano, non c'è uscita se non tramite una completa inversione di rotta che restituisca alle classi subalterne la dignità ed il benessere perduto. In caso contrario la protesta non potrà che radicalizzarsi sempre di più mettendo definitivamente a rischio l'assetto democratico per come lo conosciamo dal dopoguerra.
Alla fine il Régime cadrà, com'è sempre caduto in passato. E' ancora in tempo per decidere come.

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